27.6.12

Introduzione


La grande crisi del `29

Sembrava una riuscita imitazione del paradiso terrestre concentrata in uno spiazzo di mezzo chilometro quadrato fra i grattacieli di New York. Aveva nome Wall Street e negli anni strampalati del charleston vi crescevano abbondanti e alla portata di tutti i miracolosi alberi della ricchezza i cui frutti, per universale convinzione, procuravano la più invidiabile delle felicità.

Il terremoto che distrusse quel paradiso terrestre creato dagli uomini cominciò un nebbioso giovedì mattina: era il 24 ottobre 1929 e le prime scosse squarciarono il giardino incantato con paurose voragini. Quel giorno fu detto il giovedì nero.

Poi, nei giorni che seguirono, vennero altre scosse e si spalancarono altre voragini. Ci furono così un venerdì nero, un sabato nero, un lunedì nero, un martedì e un mercoledì neri. Fu una lunga settimana uniformemente nerissima, eppure la fine del paradiso terrestre «made in USA» non fu ancora il peggio.

Le onde del terremoto stavano cominciando un inarrestabile giro del mondo e presto sarebbe stata la «grande crisi», un flagello che avrebbe afflitto per anni l’umanità intera seminandovi miseria, disperazione e rancori.

Dopo il terremoto, una disastrosa paralisi per l’economia di tutti i Paesi e, alla fine, la scoperta tacita, ma generale, del più folle degli antidoti: una corsa collettiva e frenetica al riarmo. Lavoro per milioni di disoccupati, ossigeno per le industrie malate e cannoni per alimentare la tentazione di una seconda guerra mondiale.
Ugo Pettenghi